La micro-incapsulazione si può definire come un processo tecnologico volto ad intrappolare una sostanza di interesse (tipicamente un ingrediente funzionale detto “core”) all’interno di un’altra sostanza detta “shell” oppure “carrier material” . Nell’industria alimentare la scelta di incapsulare un ingrediente può essere dettata da numerose ragioni tra cui:
preservare ingredienti funzionali termolabili o suscettibili all’ossidazione (tipicamente phyochemicals) durante i processi di trasformazione e/o conservazione
preservare ingredienti funzionali (tipicamente probiotici) dalle avverse condizioni gastriche per consentirne l’arrivo alla sede di interesse
limitare le perdite per evaporazione dei composti volatili
mascherare sapori non desiderati come, ad esempio l’astringenza dei polifenoli
prevenire reazioni indesiderate tra l’ingrediente di interesse e la matrice alimentare circostante (ad esempio tra oli essenziali ed acqua degli alimenti)
Le attuali conoscenze scientifiche e tecnologiche permettono l’incapsulazione di ingredienti funzionali secondo metodologie numerose e variegate ma le più diffuse sono le seguenti:
Lo spray drying è una prime ma ancora una delle più utilizzate tecniche di incapsulazione. Core material e shell material vengono disciolti in un opportuno solvente e omogeneizzati, poi la miscela è immessa in un essiccatore a spruzzo ed atomizzata con un ugello; a contatto con l’aria calda il solvente evapora e le capsule sono raccolte sul fondo dello spray-drier. Si tratta di una tecnologia semplice, economica e flessibile, in grado di produrre capsule di buona qualità ma di contro, una limitazione d’impiego è data dal fatto che solo un numero limitato di shell materials risulta idoneo allo scopo.
I metodi di estrusione consistono nel far cadere gocce di una soluzione acquosa contenete l’ingrediente funzionale ed un polimero (tipicamente sodio alginato) come shell material in un bagno di gelificazione (tipicamente calcio cloruro). Anche in questo caso, si tratta di una tecnologia semplice ed economica che non richiede un forte investimento iniziale in quanto lo strumento necessario può essere semplicemente una pipetta, una siringa, un ugello vibrante o uno “jet cutter”
L’emulsificazione è generalmente utilizzata per l’incapsulazione in soluzioni acquose attraverso la formazione di una emulsione e, pertanto, trova ampie possibilità di applicazione per composti lipofilici (quali carotenoidi, steroli etc.) da addizionare a matrici acquose. L’emulsificazione è di per sè una tecnologia molto semplice ma, nel caso in cui siano richieste dimensioni ridotte delle capsule (nanoemulsificazione), è necessario un grosso dispendio energetico per la realizzazione del prodotto.
La tecnica dello spray-cooling è tipicamente utilizzata per incapsulare sostanze idrofile come vitamine o minerali all’interno di shell materials di natura idrofobica. L’atomizzazione avviene mediante nebulizzazione in un flusso di aria fredda e, tra i vantaggi, abbiamo una resa elevata e la possibilità di ottenere particelle dalla forma sferica e molto regolare
Il rivestimento a letto fluido detto anche “fluid-bed coating” prevede che le particelle di core material siano sospese in un flusso d’aria ad una specifica temperatura; il rivestimento avviene mediate atomizzazione dello shell material (tipicamente derivati di cellulosa o amido o proteine)
La coacervazione comporta la separazione di fase di uno o più polielettroliti da una soluzione con successiva deposizione del neoformato coacervate intorno al principio attivo. L’idrocolloide utilizzato come shell material, inoltre, può essere reticolato mediante il ricorso ad una adeguata sostanza chimica e/o enzimatica (ad esempio glutaraldeide o transglutaminasi) per aumentare la robustezza del coacervate. L’incapsulazione per coacervazione ha una resa molto elevata (fino al 99%) e consente di modulare opportunamente il rilascio del principio attivo ma, di contro, è un metodo particolarmente dispendioso.